“Maybe we weren’t at the Last Supper, but we’re certainly going to be at the next one”
Così Bella Abzug, avvocato e politica statunitense, leader del movimento femminile, aprì il suo intervento al Congresso delle Donne a Dallas nel 1977. La coscienza di non essere state invitate all’Ultima Cena le donne l’hanno sempre avuta, e non solo a quella, ma anche a molti altri eventi cruciali della storia, delle religioni, dell’arte e della cultura Un’assenza di parità, di ufficialità, di riconoscimento sociale da parte di un mondo declinato al maschile.
La donna è sì presente: musa ispiratrice, terra che genera, corpo e sensi, mater o Maddalena, ma sempre figura di sfondo, contenitore passivo, relegata nella buca del suggeritore a sostenere gli uomini che calcano le scene…così in questa sequenza fotografica, il femmineo intende uscire dall’ombra, prender posto al centro del palco e sedersi nientemeno che al tavolo dell’Agape cristiana, trionfo dell’eros sublimato dal dono di sé.
La scelta dell’ambientazione e del tema della foto non è casuale: il Cenacolo di Leonardo è universalmente conosciuto, e la sua rivisitazione al femminile diventa maggiormente provocatoria e significativa perché tocca e va a sconvolgere l’immagine di un archetipo collettivo, legato per di più a uno scenario religioso di incontrastato e secolare dominio maschile.
L’intento eversivo della foto nasce da una realtà, quella che, nonostante le conquiste culturali, ideologiche e sociali, vede la donna ancora in posizione subordinata rispetto a una cultura essenzialmente maschilista. Basta osservare come ancora oggi è rappresentata l’immagine femminile nel mercato, nella moda, nella pubblicità.
La donna “mediatica” non parla dei suoi bisogni, ma di quelli del maschio. E’ ancora una figura legata ai ruoli fondamentali di prestazione di cure, di ornamento, di strumento sessuale. Anche quando si presenta in maniera volitiva, aggressiva, risponde tuttavia al desiderio dell’uomo, al gioco della lotta per il dominio. Dall’omologazione estetica e caratteriale della donna delle pubblicità e dello spettacolo, alla falsa incisività della donna in carriera che imita il maschio, la società rimanda a un’immagine della donna non ancora libera e autonoma, un’immagine comunque non reale, una donna paradossalmente sempre presente nell’universo della comunicazione, ma una donna che non comunica se stessa e che non viene ascoltata.
Adulata, comprata, pagata, ammessa con riserva negli ambiti del potere rappresentativo, corteggiata, frammentata. Ancora, sempre e nonostante, oggetto.
“Se non ora, quando?” Ecco, le foto si pongono nella più recente scia di questo incisivo urlo finalmente uscito da voci di donne reali, quello che può essere considerato l’inizio di un cammino che riprende il filo di una volontà di emancipazione nata da oltre un secolo e progredita faticosamente attraverso percorsi emersi o sommersi, ma sempre difficili.
Abbiamo quindi le donne al tavolo dell’Ultima Cena. Non invitate, si siedono con spensierata naturalezza al posto non solo degli Apostoli, ma anche del Protagonista.
Stesse posizioni, stessi gesti, stessa scena, ma ironicamente sempre più femminile.
Ricomposti i frammenti di una femminilità vista ora come identità unitaria, e perciò disorientante. La sequenza fotografica arriva a svelare i corpi nudi sotto le tuniche, in un crescendo di affermazione del femmineo, dagli atteggiamenti comportamentali alla splendente corporeità, non fonte di turbamento, non oggetto da esibire o da nascondere, ma rivelata finalmente come un diritto di dignitosa cittadinanza, intorno a un tavolo apparecchiato non più solo per gli uomini.
Alessandro Citti